RTO-Gervasoni-24 - CopiaRiunione come ormai numerosi ospiti ci hanno abituato a fare, strutturata nel seguente modo: visione del filmato, decisione tecnica e decisione disciplinare, così come avviene sul terreno di gioco ogni weekend.
Presentazione dell’ospite della RTO, Andrea Gervasoni, arbitro mantovano in forza alla Can A, effettuata da Federico Marchi, referente regionale della rivista l’Arbitro. Tra le fila dei partecipanti una buona rappresentanza del CRA Liguria con Mauro Bergonzi, Massimiluano Sirchia, Maurizio Viazzi e Roberto Gandini presenti in sala.

«L’Arbitro deve essere il maggior critico di se stesso, in grado di individuare con lucidità i propri errori, analizzarli e lavorare per non ripeterli».
E proprio intorno ad errori arbitrali commessi da Gervasoni stesso si è sviluppata la riunione, grazie alla proiezione di filmati contenenti numerosi episodi, più o meno recenti, della carriera dell’arbitro mantovano.
La visione dei contributi e la loro disamina è stata di stimolo per affrontare alcuni aspetti dell’arbitraggio, nello specifico:

  • uniformità di giudizio nell’applicazione del regolamento e nella gestione dei provvedimenti disciplinari;
  • mantenimento della concentrazione nell’arco dei 90 minuti, a prescindere dall’andamento della gara;
  • capacità di assumere decisioni “lineari”, senza cedere alla tentazione di “strafare”;
  • capacità di anticipare l’azione dal punto di vista tattico, e di gestione immediata del singolo episodio, onde evitare di giudicare una situazione ex post;
  • inopportunità di ripensare maniacalmente un episodio, onde evitare che ciò vada inconsciamente ad incidere sulla valutazione di episodi successivi;
  • importanza della collaborazione con gli assistenti, soprattutto in occasione di azioni di gioco sviluppatesi inevitabilmente lontane dall’arbitro;
  • necessità di interpretare al meglio ogni singolo momento, dal pre-gara al post-gara, con particolare attenzione all’intervallo, durante il quale può accadere che l’arbitro “stacchi la spina”, riattaccandola a secondo tempo già iniziato;

RTO-Gervasoni-2 - Copia«Dovete crearvi un database sempre più ampio di azioni di gioco, per avere soluzioni pronte al verificarsi degli eventi – ci spiega Andrea -: fidatevi solo di ciò che avete visto e dell’istintiva decisione che spesso risolve situazioni in maniera naturale e convincente». Per Gervasoni il pensiero strutturato dopo il fischio è spesso dannoso, perché quando prendiamo una decisione diversa dalla prima, pensata “di pancia”, è già mutata la situazione in gara e da una condotta gravemente sleale si può passare in pochi secondi a comminare in maniera errata una ammonizione.

 La concentrazione è poi, per l’arbitro mantovano, quella qualità che deve appartenere ad ogni arbitro, ma è necessario lavorare su sé stessi: «Non si nasce concentrati e neppure si arriva ad una concentrazione elevata appena iniziamo la partita: più si avvicina il fischio di inizio, più dobbiamo sforzarci di raggiungere con serietà un status mentale che ci permetta di entrare con la giusta determinazione ed essere percepiti da tutte le componenti in campo capaci di prendere decisioni giuste».

RTO-Gervasoni-9 - CopiaIl senso di giustizia è infatti per Gervasoni un obbligo che ogni giacchetta nera deve ricordare nell’impostazione di una direzione arbitrale: «I calciatori sono abili nel percepire immediatamente i nostri errori e mettono la nostra gara in salita quando subiscono decisioni inique». Ed è per questo che Andrea ha insistito per tutta la riunione sull’aspetto tecnico: «Dobbiamo sforzarci di raggiungere l’uniformità tecnica con lo studio del regolamento, delle situazioni di gioco e grazie ai consigli dell’osservatore – ci spiega il fischietto mantovano -: non dimenticatevi che è nella Sezione che si cresce umanamente e come arbitri».

Per tutto il resto, «l’arbitraggio è un vestito su misura, fatelo vostro».

Nella conclusione del suo intervento Gervasoni ha quindi posto l’accento sull’importanza di avere una “self confidence” spiccata, ma non per questo sconfinante in una sorta di senso di onnipotenza, tale da permettere all’arbitro di giudicare serenamente senza correre il rischio di farsi mettere in discussione dai giocatori, dai dirigenti o – ipotesi peggiore – da se stesso.